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Solo è il coraggio. Roberto Saviano, la sua forza

14 Luglio 2022 Author :  

di Francesco Apicella

“Leggere è un atto rivoluzionario. Quando leggi stai creando ciò che leggi, provi quello che immagini. Il lettore è il regista, lo sceneggiatore è lo scrittore. Chi legge crea il 50% del libro” con queste parole, domenica 3 luglio, presentando il suo ultimo libro “Solo è il coraggio. Giovanni Falcone, il romanzo”(edito Bompiani) lo scrittore napoletano Roberto Saviano, ha aperto la prima serata della rassegna letteraria “Velletri libris”. La manifestazione si è svolta nel chiostro dell’ex convento delle carmelitane, completamente ristrutturato e adibito a sede della Casa delle culture e della musica. Accolto da una calda e incoraggiante standing ovation. Roberto Saviano è salito visibilmente commosso sul palco e, sin dal primo momento, da affascinante affabulatore qual è, ha ipnotizzato il pubblico in ascolto che, nonostante il caldo torrido della serata, è rimasto immobile e attento, pendendo, rapito, dalle sue labbra. “Il libro ha un’immensa potenzialità, qualcosa che continua nel tempo e che non si esaurisce con la lettura del testo. Il libro è una cosa magica che non si consuma, qualsiasi cosa si consuma ma il libro no, quando lo hai letto, non lo hai consumato, anzi si è moltiplicato il suo valore, pronto a riattivarsi in ogni momento. Non tendi a buttarlo, te lo conservi. Qualcuno, dopo aver letto un libro dice:” non mi ricordo più niente di questo libro, non mi ha lasciato niente, non ricordo i nomi, le date, l’argomento trattato”…. ma non è così. “Cultura è ciò che rimane quando la nozione scompare” dice Borges (lo scrittore argentino Jorge Luis Borges n.d.r). Rimane tutto ciò che si è mosso dentro di te mentre leggevi. Resta tutto il bagaglio emotivo che ti ha attraversato durante la lettura e tu stai già riflettendo in modo diverso. “La magia del libro” ha continuato Saviano “mi ha spinto ad affrontare la storia incredibile di Giovanni Falcone, si crede di sapere tutto di lui, invece, a parte gli esperti, gli articoli e i servizi televisivi che lo ricordano sempre negli anniversari, si conosce il suo lavoro di magistrato integerrimo e innovativo ma si sa poco di lui come uomo, marito, fratello e amico. E ho deciso di raccontare la sua storia incredibile con lo strumento del romanzo e dove non arriva la fantasia in soccorso, che ti consente di inventare, arriva lo stile che ti permette di narrare da dentro la storia, da dentro le stanze in cui loro lavoravano, dico loro perché questo è un romanzo corale. Ci sono tutti i protagonisti di quella stagione, a cominciare da Rocco Schillici, il grande maestro di Falcone, a cui voglio molto bene e a cui ho dedicato tutta la prima parte del romanzo. Schillici è l’uomo che cambia tutto, che dà al giovane Falcone gli strumenti per capire come funziona tutto il capitalismo criminale e oggi, nel mondo, chiunque voglia capire come funzionano i profitti criminali, passa per il metodo di indagine di Falcone”. Dopo la morte di Rocco Schillici, assassinato da Cosa Nostra, gli succede il magistrato Antonino Caponnetto, di origine siciliana ma poco conosciuto dai palermitani perché aveva lavorato a lungo a Firenze. Caponnetto condivide sin da subito le idee di Falcone, lo appoggia e lo sostiene. Il 16 novembre del 1983, il Pool Antimafia ideato da Rocco Chinnici , viene sviluppato e reso operativo da Antonino Caponnetto. Il merito di Falcone e del Pool Antimafia di Palermo, di cui facevano parte i magistrati Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello, è quello di aver capito che Cosa Nostra non è un insieme di bande criminali, come si era sempre creduto, ma una struttura unitaria e verticistica, al cui interno non esistono gruppi con capacità decisionali proprie. Prima che venisse creato il pool antimafia, non vi era alcun coordinamento tra i vari giudici che si occupavano dei reati di mafia, ogni giudice dell’ Ufficio Istruzione lavorava da solo sui processi che gli venivano affidati, senza poter condividere le informazioni in suo possesso, che sarebbero potute essere utili agli altri colleghi. Con Falcone le informazioni derivate dalle indagini vengono condivise tra i giudici per cogliere al meglio le relazioni e le dinamiche delle strategie di Cosa Nostra. Il capolavoro dell’attività del Pool.è la realizzazione del primo maxi-processo contro i massimi rappresentanti di Cosa Nostra che inizia il 10 febbraio del 1986 in un’immensa aula bunker appositamente costruita in cemento armato per resistere anche ad attacchi missilistici. Per conoscere le dinamiche interne di Cosa Nostra, la sua struttura, il processo di reclutamento, i riti, le sue attività illecite e le sue funzioni, Falcone si avvale delle dichiarazioni preziose dei pentiti Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno che, in aula,confermano, con le loro testimonianze, la tesi dell’unicità di Cosa Nostra. Il maxi-processo si conclude con 19 ergastoli e condanne a 2665 anni di carcere. Questo cambiamento giuridico radicale nel modo di giudicare i reati di Cosa Nostra, ascrivendoli ad un’organizzazione criminale unitaria, genera intorno a Falcone una corrente avversa di rabbia, invidia, diffidenza politica e fastidio. Persino i media sono contro di lui e tutti i giornali d’Italia, proprio tutti, insinuano che il pacco bomba all’Addaura se lo sia piazzato lui. Il suo operato verrà ostacolato continuamente da molti membri della Magistratura e da Cosa Nostra e si farà il vuoto intorno a lui. Il coraggio, che è una scelta, inizia da subito ad essere solo. Non è come racconta meravigliosamente Manzoni, nei Promessi Sposi, tramite la “splendida e codarda voce” di Don Abbondio:”Ma io il coraggio non posso mica darmelo, non ci sono nato col coraggio, che ci posso fare.” Il coraggio si sceglie, si sceglie di essere coraggiosi, restando fino in fondo fedeli ai propri principi morali, anche a costo della vita. “Per me l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, ma è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo. Altrimenti perde il suo significato e diventa incoscienza.” Parole di Falcone! Il bellissimo libro di Roberto Saviano che avvince il lettore con la sua magia narrativa coinvolgente, inizia e si chiude con un’esplosione, quella iniziale è meno nota al lettore e riguarda una famiglia contadina poverissima, che vive miseramente in una contrada di Corleone; per cercare di guadagnare qualcosa, i componenti maschi di questa famiglia raccolgono ordigni bellici inesplosi della seconda guerra mondiale, che trovano sparsi nei campi. Quando trovano una bomba americana, la scavano, la smontano e prendono da essa la polvere nera e il tritolo. Il capofamiglia si chiama Giovanni ed è abilissimo a smontare le bombe inesplose. Vendono la polvere nera e il tritolo a chi fa i fuochi d’artificio o ai cavaioli, cioè agli uomini che lavorano nelle cave. Il materiale di metallo, che rimane, lo vendono ai rigattieri. Un giorno in campagna trovano una bomba lunga, l’aprono, vedono che è vuota e decidono di portarla a casa e di non farla a pezzi lì, sul posto; in realtà non conoscono quel tipo di bomba; è un colpo di cannone che ha la carica esplosiva solo alla base e serve a forare i carri armati. Ignorando di che tipo di bomba si tratti, Giovanni mette il colpo di cannone sul tavolo e gli dà due botte col martello. Sotto i colpi l’ordigno esplode tutto, la casa prende fuoco e muoiono Giovanni e il figlio Francesco, di 7 anni, il figlio Gaetano rimane ferito mentre il piccolo Totò, un ragazzetto di 12 anni, rimane miracolosamente illeso. Lo spostamento d’aria, causato dalla violenta esplosione, lo salva, lo protegge dalle schegge e dalla fiammata. Era il 1942 e quel ragazzetto di 12 anni era Totò Riina che in quell’incidente perse quasi tutta la sua famiglia, eccetto le donne che, per fortuna, erano a lavorare nei campi. Col tempo diventerà il “capo dei capi” di Cosa Nostra il più spietato e crudele di tutti i boss mafiosi. Il libro si chiude con l’esplosione del 23 maggio 1992, l’attentato mortale in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, la sua adorata moglie, e tre agenti della scorta. Come faceva ogni fine settimana Falcone stava tornando a casa da Roma, insieme alla moglie Francesca. Partito da Ciampino con un jet di servizio, alle ore 16.45, atterra all’aeroporto Punta Raisi di Palermo. Qui 3 Fiat Croma blindate, lo aspettano per recarsi insieme a Palermo. Falcone si mette alla guida della Croma bianca, insieme a sua moglie Francesca,seduta davanti con lui e all’autista giudiziario Giuseppe Costanza che si mette seduto dietro. La macchina di Falcone è preceduta da una Croma marrone, con a bordo gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo ed è seguita da una Croma azzurra con gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Le tre auto prendono l’autostrada per Palermo. Alle 17.58, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, Giovanni Brusca,uomo di Cosa Nostra aziona una carica di 1000 chili di tritolo, nascosta in una galleria scavata sotto la strada. Lo scoppio travolge in pieno solo la Croma marrone, e i tre agenti della scorta che l’occupavano muoiono sul colpo. La macchina di Falcone si schianta contro il muro di cemento e detriti formatosi con lo scoppio. Falcone e la moglie, che non indossavano le cinture, vengono catapultati violentemente contro il parabrezza. Il giudice Falcone, a causa del grave trauma cranico subito, muore durante il trasporto in ospedale. La moglie Francesca, in seguito a varie lesioni interne muore alle 22.00 in ospedale, ripetendo continuamente, nella sua agonia, la frase:” Dov’è Giovanni?” L’agente Costanza, che si trovava nella macchina de giudice, sul sedile posteriore, rimane illeso. Gli agenti della Croma azzurra rimangono feriti ma si salvano anch’essi. Alla fine del suo racconto sulle vicende della vita di Giovanni Falcone, Saviano legge le pagine finali del libro, dedicate agli ultimi istanti di vita di Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo. La sua voce accorata, ricca di drammatici chiaroscuri espressivi rievoca quei momenti laceranti di intenso pathos e raggiunge il pubblico nel profondo, coinvolgendolo emotivamente in quel dolore profondo. Al termine della lettura tutti i presenti, nessuno escluso, si alzano in piedi per decretare a Roberto una standing ovation commossa e grata, seguita da un lungo e intenso scroscio di applausi. L’autore, infine, seduto ad un tavolo e circondato dalla sua scorta, ha firmato, con la dedica, tutte le copie del libro che man mano gli venivano portate dai presenti. E’ stato un grande onore e un immenso piacere poter conoscere un uomo come Roberto Saviano che nei suoi scritti ha scelto con coraggio di dedicarsi alla lotta contro la criminalità organizzata, consapevole dei rischi e dei pericoli che tale scelta comporta. Scrittore, giornalista e sceneggiatore, sin da “Gomorra”, il suo romanzo d’esordio, ha ottenuto ampi consensi sia dalla critica che dai lettori. Ha collaborato con la stampa italiana e internazionale, scrivendo per importanti testate giornalistiche, quali “L’Espresso” e “La Repubblica”, il “Post” e “The Post internazionale” in Italia, “Time”, “Washington Post”e “New York Times” negli Stati Uniti, “El Pais” in Spagna, “Die Zeit” e “Der Spiegel” in Germania, “Expression”in Svezia, e “The Guardian” e “The Times” in Gran Bretagna. Grazie, Roberto, per il tuo impegno sociale e per l’entusiasmo contagioso che sempre infondi in tutto quello che scrivi e grazie, soprattutto, per il tuo coraggio, la tua forza, la tua determinazione e il tuo carisma!

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