"Un leader spirituale, un individuo potente, un religioso. C'era una statua nella chiesa dove sono cresciuto: mio nonno Abele è emigrato a New York con i fratelli quando aveva vent'anni, gli altri non si sono adattati e sono tornati, lui si è costruito una vita. Era nato in un paesino tra Salerno e Napoli, (Sarno in provincia di Salerno), non lontano da quello di Padre Pio, nello stesso anno. Ed era molto legato alla sua figura, quindi appartiene un po' alle mie radici italiane''. Abel Ferrara parla con Repubblica del suo prossimo lungometraggio si Padre Pio che il regista inizierà a girare il 22 novembre e che è nato sulla scia del suo documentario sul santo di 5 anni fa. Il racconto inizia quando il frate era ancora giovane e "ha avuto le stimmate, una sorta di colpo di scena cinematografico - lo definisce FERRARA - Nel 1920, durante il massacro del biennio rosso a San Giovanni Rotondo, una storia clamorosa che mi pare in Italia non si ricordi molto. Alla fine della Prima guerra mondiale: nel Paese la sinistra aveva vinto le elezioni, ma avevano votato anche i contadini, non certo le donne. E, proprio come è successo con Trump nel mio Paese, la destra ha rifiutato di accettarlo anche perché c'era la grande paranoia della Rivoluzione russa. Durante la processione la folla voleva piantare la bandiera rossa al municipio ma ci sono state delle provocazioni, uomini che sono arrivati per fermare quel gesto: non era mai accaduto in Italia. Ci sono varie versioni ma alla fine si è sparato sulla folla: undici morti, tra cui una giovane incinta, un agricoltore, un carabiniere e 60 feriti. La chiesa in quel periodo era al potere con i latifondisti, Padre Pio non ne faceva parte ma il monastero dei cappuccini era lì. A questi fatti accosto, nel film, le stimmate, anche se in realtà non le ebbe proprio in quel momento''. "Mi pare che lì - prosegue il regista - in quell'attimo, sia nato il fascismo, che è una creazione tutta italiana, non importata dalla Germania. Dal 1920 ai 25 anni successivi 100 milioni di persone sono state uccise, con la Seconda guerra mondiale. La vedo come una semina del diavolo, che è un personaggio del film. Che manipola alle spalle, contro cui la notte Padre Pio combatte nella sua stanza. Solo lui poteva vederlo e stiamo cercando di capire cosa è successo davvero in quell'angolo di storia. Se ci riusciamo verrà un film interessante. La scelta di Shia LaBeouf? È un grande interprete. Non lo conoscevo ma abbiamo amici comuni. Da due mesi vive in un convento in California. Ho lavorato sempre con grandi attori, molto diversi tra loro. Con Al Pacino avevamo un progetto, poi non andato in porto; mi colpiva il suo modo di prepararsi: non diceva mai la battuta e non parlava mai del ruolo. Harvey Keitel è simile. Invece con Dafoe ci facciamo chiacchierate lunghissime, a volte su una singola scena. Lui è un amico, padrino di mia figlia, passiamo molte serate insieme''.
Abel Ferrara si è trasferito da New York a Roma, nel quartiere Esquilino, dove vive con la moglie Cristina Chiriac e la figlia Anna. Il vicino di casa è Willem Dafoe. Afferma di non sentire la nostalgia di New York, ''è stata la città della mia infanzia. Ma posso andarci quando voglio, e ci vado, ma non a vivere. Anche per la qualità della vita, è una città dove tutto è caro: cibo, affitto, non potrei permettermela. Quando sono cresciuto non avevo soldi. Artisti che oggi tutti venerano, Basquiat, Keith Haring, i Ramones... nessuno di loro aveva soldi e nessuno pagava l'affitto. Ora se non sei ricco non puoi neanche pensare di abitare a New York. Solo un caffè, che qui costa 1 euro, là viaggia tra i 4 e i 7 dollari. E io bevo molti caffè''. A Roma ha girato durante il lockdown 'Zeros and ones', con Ethan Hawke: ''E' un omaggio ai noir alla Melville. C'è la mia Roma, dalla stazione Termini al Colosseo, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano. Vivo qui da sette anni, ho molti amici. Lo scenario deserto dopo il coprifuoco delle 21 era perfetto per le riprese. Avevamo paura — alcuni della troupe hanno un'età, come me — e non c'erano ancora i vaccini. Abbiamo seguito i protocolli''.