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È nato il Re dei Re

08 Gennaio 2024 Author :  
di Gerardo Sinatore
 
Giuseppe, con l’accentuarsi delle doglie di Maria, cercò a Betlemme un riparo per la notte. Camminava sorreggendo Maria per un braccio mentre con l’altro tirava stancamente l’asino per la cavezza. Giunto al piccolo villaggio, chiese ad un pastore di indicargli un luogo per pernottare e dove poter trovare una levatrice. Il pastore si fermò. Si chiamava Elia e rientrava con la sua mucca facendosi luce con una lanterna. Guardò la giovane donna col pancione e le porse una scodella di latte appena munto, schiumoso. Nel mentre Maria si ristorava, Elia bisbigliando consigliò a Giuseppe di bivaccare nella cripta delle rovine della Torre di Davide, vista l’ora tarda. La cripta era un ampio spazio sotterraneo e abbandonato con più locali a cupola l’uno nell’altro e si trovava nei pressi del sepolcro di Rachele, la madre di Giuseppe e Beniamino. Nel mentre Elia parlava, Maria storceva il volto dal dolore. Il pastore, notandolo, si offrì di accompagnarli subito e di cercare anche la levatrice. Appena giunti, Giuseppe prese in braccio Maria per scendere una serie di gradini malandati mentre Elia fece il giro delle rovine ricordandosi di un varco per gli animali che aveva utilizzato per qualche emergenza. Vi introdusse la sua mucca e l’asino liberandolo dal carico. Con la coperta, la sella e un po’ di paglia, preparò un giaciglio per Maria che restò immobile, seduta in quella posizione per tutto il tempo, come se fosse sorda al mondo, come un sasso. Una luce d’argento, riflessa dalla strada di pietra bianca, illuminava l’antro attraverso una grata. Elia poi corse a chiamare la levatrice seguito da Giuseppe che invece si fermò sull’uscio come una sentinella. L’attesa gli sembrò infinita. Ebbe come la sensazione che il mondo fluttuasse nell’infinito, come se il tempo si fosse fermato poiché il vento smise di soffiare, i fiumi di scorrere e nessuna voce umana né di animali si udiva. C’era un grande silenzio, le misure delle ore al tramonto sembravano colme come se stessero segnando il termine dei secoli, la fine dei tempi. 
Queste sensazioni furono poi vissute in tempi diversi dai tre re d’Oriente che, mossisi da tre paesi diversi all’inseguimento della stessa stella, arrivarono presso la cripta di Betlemme con tanti doni e, diciassette secoli dopo, anche da un nobile e pio napoletano di nome Alfonso Maria de’ Liguori che le interpretò come l’estinzione di ogni opposizione sulla terra. Le magnificò con un canto: 
 
Nun c’erano nemici, pe’ la terra, ‘a pecora pasceva co’ lione. 
Co’ capretto, se vedette ‘o liupardo pazzeà. L’urzo e ‘o vetiello steven’ mpace e accussì pure ‘o lupo e ‘o pecoriello. S’arrevotaje, ‘nsomma, o cielo, ‘a terra, ‘o mare e tutt’ ‘e ggente. 
Chi durmeva, se senteva ‘mpiett’ ‘o core pazzeà pe’ la prejezza. 
E se sunnava pace e cuntentezza…
 
In effetti, cos’è la pace se non l’assenza di ogni contrarietà? E che cos’è la contrarietà, se non la disputa di una battaglia tra il bene e il male? È in questo contesto che la nascita di Gesù assume il suo autentico e straordinario significato che diverrà sempre più manifesto attraverso le parole che dispenserà in precise circostanze come quando, ad esempio, rivolgendosi un giorno ai giusti, dirà: 
 
Voi siete nel mondo ma non del mondo; se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me. Se voi foste una cosa sua, vi amerebbe, ma poiché io vi ho scelti tra il mondo, esso vi odia
 
In quel tempo, il mondo a cui faceva riferimento Gesù, era il suo, ed era formato dai Giudei (Palestinesi) come lui, dai capi Ebrei (i “sepolcri imbiancati”) e dai Romani dominatori, tracciando così una chiara distinzione tra il male “del mondo” (l’oscurità, l’odio), che seduce e sottomette gli uomini con il suo dominio religioso, morale, etico, politico e militare attraverso la paura, la ricchezza e la forza, e il bene “nel mondo” (la luce, l’amore), sempre temuto dal male per la sua capacità di discernimento, per il coraggio che sfida la morte e la lealtà verso gli amici. Essere “nel mondo” significa stare dentro le cose del mondo, gestirle e manipolarle per sottomettere gli uomini “del mondo”, cioè tutti coloro che si trovano inconsapevolmente a seguire il potere oscuro, ingannevole.
 
In questa muta fissità, Giuseppe come se si fosse all’improvviso svegliato da quello stato, si trovò di fronte la levatrice ansimante. Le indicò subito la strada spostandosi dall’uscio, ma non la seguì. Resto lì, fino a che il vento riprese a soffiare e nel vento udì il vagito di un bimbo che ruppe ogni silenzio e la diga del suo cuore. Nel cielo buio, una scia luminosa simile ad una pennellata d’oro, smorzava tutte le stelle. Si precipitò giù come avrebbe fatto ogni padre e vide Maria con il bambino tra le braccia circondata da un’aura splendente. Sarà stato il suo cuore spalancato che rifletteva l’estasi ai suoi occhi? Si avvicinò a Maria che gli pose tra le braccia il piccolino guardandolo con occhi lucidi. Lui alzò il piccolo verso il cielo in segno di gratitudine, poi lo strinse a sé mentre la voce di Maria echeggiava rimbalzando sotto la cupola: 
 
Dormi adesso e non piangere più, con te ci sono io e non ti lascio più.
I tuoi occhi di zaffiro sono le stelle del mio cuore.
Il tuo pianto è il mio dolore! Bimbo mio, non piangere più,
Mamma è qui con te e tu sei il suo Re dei Re.
Ma Tu ancor piangi? Vuoi che la Mamma ti continui a fare la “nanna”? Dormi, Yeshùa e non piangere più, mamma ti canta 
e non ti lascia più.
Senza la tua mamma, non puoi stare più neppur se sogni il Cielo.
Il mio petto è il tuo guanciale e le mie braccia la tua culla.
Bimbo mio, con me tu non temerai nulla …
 
Mentre Maria cantava, l’asinello e la mucca si avvicinavano lentamente al bambino sino a circondarlo del loro tepore. Maria disse tra sé e sé: 
 
alla sua venuta, si sarebbe fatto riconoscere in mezzo a due animali 
poiché il bue avrebbe riconosciuto il suo padrone 
e l’asino la mangiatoia del suo Signore
 
Poi, indicando l’asino e la mucca a Giuseppe con gli occhi: 
 
Vedi … è tutto vero …
 
La levatrice intanto uscì dalla cripta tutta raggiante. Sulla strada del ritorno incontrò Salomé, la sua maestra, dicendole: 
 
Salome! Ti devo raccontare delle cose incredibili! 
Delle cose accadute ora e qui, contro ogni legge di natura! 
Ho appena visto una vergine partorire …
 
Salomé, chiaramente incredula le chiese di poter visitare madre e figlio. Gliela accompagnò. Il cordone del piccolino era legato alla placenta. Controllò il bambino accuratamente. Poi vistò sua madre. Quando Salomé tirò fuori la testa dal mantello di Giuseppe che copriva Maria, le disse sottovoce: 
 
Perdonami Signora, hai generato vergine perché lo sei ancora. 
Il bambino è salvo, è sano e bellissimo e lo sei anche tu, 
prediletta dal Signore. 
Che egli vi protegga sempre e mi perdoni
 
Poi si congedò senza più staccare gli occhi da Maria e dal suo bambino camminando all’indietro sino all’uscita in segno di rispetto.  
Dopo molto tempo che i Tre savi d’Oriente avevano lasciato Betlemme, Maria con Gesù e Giuseppe che vivevano a casa di Anna di Betlemme, la nonna di Gesù, dovettero scappare in Egitto per nascondere il bambino e sé stessi da Erode il quale aveva condannato a morte tutti i bambini della Giudea al di sotto dei due anni e i loro genitori se li avessero nascosti. Erode, di origine ebrea, era convinto di essere lui il “Messia”. Durante quella fuga, Giuseppe chiese alla sua sposa:
 
Maria, perché vedo a volte il tuo volto sorridente e altre triste?
 
E lei:
 
Perché vedo dinanzi ai miei occhi due popoli, 
uno che piange e si lamenta 
e l’altro che si rallegra ed esulta per lui, ed io ho molta paura
 
Ed è così, che Gesù Cristo il Figlio di Dio è venuto in questo mondo spegnendo le fiamme dell’inferno e legando Satana. È venuto rimuovendo con la sua presenza i macigni dal nostro cuore per sussurrarci che la felicità segreta è il segreto della vera felicità e che essa si ottiene confidando fermamente nel bene, che è la luce che sconfigge le tenebre. 
Christus vincit! 
Non praevalebunt! Con lui le porte dell’inferno non prevarranno mai.
 
(In foto il Presepe del maestro Paganese Alfonso Pepe - Montecitorio)

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