di Francesco Apicella
“Nel 1972” ha raccontato Carlo Verdone a Domenica in “mi stavo laureando in Lettere moderne e, contemporaneamente, entrai al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma per studiare regia. Avevo avuto prima un colloquio con Roberto Rossellini e gli avevo fatto vedere alcuni filmati amatoriali, da me realizzati, che non avevano niente a che vedere con la mia produzione filmica futura, quella che, nel corso degli anni, mi ha fatto conoscere dal grande pubblico. Avevo comprato da Isabella Rossellini una Bolex Paillard ,un’ottima cinepresa con cui avevo girato tre cortometraggi di ispirazione underground, in formato Super 8 millimetri: “Poesia solare”, “Allegoria di primavera” ed “Elegia notturna.” Questi tre film furono persi dalla Rai TV a cui avevo prestato le bobine perchè voleva realizzare negli anni 90’uno speciale su di me. Rossellini li visionò e mi disse:”Si vede che tu hai qualcosa in comune con Antonioni” (Michelangelo Antonioni, grandissimo regista italiano degli anni 60’ e 70’ n.d.r). Io gli risposi:” Grazie! Lei mi dice che ho qualcosa in comune con un nome grande del cinema…” In realtà io conoscevo poco Antonioni. “Fai domanda di iscrizione”aggiunse” sarai esaminato e vediamo come andrà” Fui esaminato dalla commissione, accettato, ed entrai al Centro Sperimentale, dove mi diplomai in regia nel 1974, poco prima della laurea. All’epoca il Centro Sperimentale era molto politicizzato e i selezionatori, manco a farla apposta, avevano scelto tutti studenti molto impegnati politicamente. Nella fila di sinistra c’erano quelli di lotta continua, di autonomia operaia e di potere operaio, nella fila di destra c’erano, invece, quelli del partito comunista. Io mi dissi:” E mò, andò vado?” Scelsi la fila del partito comunista, che mi sembrava più moderata ed era formata da ragazzi molto impegnati politicamente ma anche molto simpatici. Alla prima lezione di Rossellini non ci fu nessun tipo di entusiasmo, eppure avevamo davanti a noi il creatore del neorealismo italiano, una figura gigantesca davanti alla quale dovevamo tutti stare sull’attenti, soprattutto quando parlava. Lui, però, tutto concentrato su se stesso, non si rese conto del tipo di auditorium che aveva davanti, entrò, si sedette alla cattedra con in mano una Chesterfield accesa, la sua marca di sigarette preferite, si lisciò i capelli ben impomatati e senza guardare gli studenti, con lo sguardo rivolto altrove, al posto di parlare del neorealismo e del cinema come impegno sociale e politico, cominciò a parlare di certi obiettivi che la Panavision stava mettendo in commercio e che anche la Nasa aveva usato per lo studio dei pianeti. “Noi potremmo utilizzare questi obiettivi della Panavision come teleobiettivo, da lontano, facendo anche dei piani sequenza (il piano sequenza è un particolare tipo di inquadratura che svolge da sola la funzione di scena o di sequenza: questo vuol dire che all’interno di una stessa scena o sequenza non sono presenti stacchi di montaggio n.d.r)….” . Ai ragazzi, che volevano parlare del sociale nel cinema, non gliene fregava niente dei teleobiettivi e cominciarono a sbuffare e a protestare. “Ammazza, che coglioni fa questo!” “E’ peggio di un gatto attaccato alle palle” “Ma che sta a dì, questo è un discorso fascista!” “Non ha toccato per niente il sociale, il cinema, i lavoratori!” “ Vediamo se domani cambia perché a me sto presidente nun sta bene pè gnente!” Erano i commenti che serpeggiavano tra gli studenti annoiati, delusi e incazzati neri. A un certo punto uno alzò una mano e chiese:”Presidente, quant’è che parliamo di cinema sociale e cinema politico?” “Arriverà il momento in cui parleremo del cinema sociale e politico, ogni cosa a suo tempo, adesso andiamo avanti con questa lezione sui mezzi tecnici americani che trovo molto interessanti perché in questo campo l’America stacca tutti gli altri paesi ed è assolutamente all’avanguardia….”Il giorno dopo arrivò Rossellini per la seconda lezione di regia, con la sua immancabile Chesterfield senza filtro tra le dita e, imperterrito, attaccò di nuovo con il “pippone” della tecnologia americana “Su questi obiettivi Panavision mi è arrivato proprio oggi un articolo della Nasa…”. Come disse la parola Nasa uno studente di Genova, che stava al primo banco, si alzò, si girò col sedere verso di lui e sgangiò una fragorosa scorreggia,come a dire:“Presidente, tiè, beccate questa!” A quel punto tutti, compresi quelli più turbolenti della classe operaia, ammutolirono e, abbassando la testa per la vergogna, dissero.” Oddio che ha fatto!Questo è troppo!” Nessuno si azzardò a sottolineare quel gesto sconsiderato con una risata! Rossellini rimase di stucco,fissò il pavimento, come impietrito, buttò a terra la sigaretta, l’acciaccò col piede e, senza guardarci, disse.” La lezione finisce qui… E le mie lezioni finiscono qui” E se ne andò nel silenzio più assoluto. E noi tutti a dire a questo:” Ma che hai combinato, che te sei impazzito?” “Nun me frega gnente, è fascista!” “Ma fascista de che? Questo ha creato il neorealismo, che cazzo stai a dì?” “E’ fascista e basta!” Rossellini non mise più piede al Centro sperimentale a farci lezione di regia e questo fu un dramma perché ci mancò, per la nostra formazione professionale, una figura carismatica come lui; noi che avevamo bisogno di apprendere qualcosa sul “mestiere” del regista, andammo avanti con delle lezioni autogestite e ci dovemmo sorbire degli sproloqui politici da parte di ciascuno dei vari componenti della sinistra: potere operaio, lotta continua, autonomia operaia e anche teorici della lotta armata. Se quelli del PC cercavano di moderare in qualche modo i loro interventi, venivano zittiti e chiamati fascisti. Con la “bomba” innescata dalla sua scorreggia, quel ragazzo irriverente e temerario che, purtroppo, dopo 3 anni si suicidò, aveva raso al suolo un mito e in pochi secondi aveva distrutto il padre del neorealismo italiano. Grazie, Carlo, per i tuoi gustosi aneddoti, tantissimi in bocca al lupo per i tuoi film futuri e per il successo de “La carezza della memoria”, il tuo bellissimo ultimo libro.